11 cose da vedere a Pompei
Probabilmente il sito archeologico più affascinante e famoso al mondo. Patrimonio Mondiale dell’umanità, Pompei è visitata ogni anno da milioni di persone, che giungono dagli angoli più remoti del mondo per ammirare la bellezza di una città senza tempo. Il suo fascino, come tutti sanno, è legato al suo ottimo stato conservativo, dovuto a seguito della catastrofica eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che proiettó sulla città svariate tonnellate di cenere, lapilli e pomici, fino a coprire l’intero perimetro urbano per oltre sei metri di altezza. La sua scoperta effettiva avvenne soltanto nel 1700, all’epoca di re Carlo III di Borbone. Il sovrano promosse le prime esplorazioni, che erano mirate principalmente allo scopo di arricchire le sue collezioni di antichità. Queste furono in gran parte ereditate già dalla madre Elisabetta Farnese, a cui apparteneva l’omonima collezione, che passó ben presto nelle mani del figlio.
Fu così che gli scavi proseguirono nel corso di varie campagne, succedutesi nel corso dei secoli successivi e dirette da eminentissimi studiosi ed archeologi quali Giuseppe Fiorelli ed Amedeo Maiuri.
Numerose ricerche sono, ancora oggi, in corso. È per questa ragione che la città viene definita ancora “viva”, poiché non smette mai di sorprendere; per le bellezze che ancora cela misteriosamente sotto lo spesso strato di detriti che ne oscurarono l’esistenza per oltre sette secoli.
Vediamo quali sono le dieci “chicche” da non perdere durante la visita agli scavi:
Il Foro
Il Foro di Pompei era la piazza centrale della città, il fulcro della vita diurna dei suoi abitanti. Esso ospitava i più importanti edifici religiosi civili e commerciali, disposti intorno ad un grande slargo centrale di fruizione esclusivamente pedonale. L’intera piazza era pavimentata da un preziosissimo lastricato di marmo, conservato oggi solo in parte. In più punti erano collocate maestose statue, di cui oggi restano solo i basamenti.
L’architettura del foro di Pompei era caratterizzata da un portico su due ordini di colonne lungo i tre lati della piazza, mentre la zona a nord era occupata dal celebre Capitolium, il tempio dedicato alla triade capitolina.
Sul lato opposto erano disposti alcuni edifici municipali, mentre lungo i lati E/O si incontravano i granai, il macellum, il tempio di Apollo, la Basilica, l’edificio dei Lari Pubblici e il cosiddetto edificio di Eumachia, sacerdotessa di Venere appartenente ad una ricchissima famiglia pompeiana.
Una sosta al foro permette di godere appieno della vista del Vesuvio, che si erge nella sua imponenza dominando integralmente la scena e lasciando che la nostra mente ritorni a quella fatidica eruzione del 79 d.C. che, nel corso di poche ore, seppellì interamente questa città da oltre sei metri di lapilli e cenere.
Villa dei misteri
La splendida villa deve la sua fama allo straordinario affresco che occupa le intere pareti di una sontuosa sala, in cui è riprodotto un intero ciclo che mostra i cosiddetti “misteri dionisiaci”.
La Villa dei Misteri, ubicata ad alcune centinaia di metri dalle mura nord di Pompei, venne scoperta parzialmente nel 1909, ma venne scavato quasi interamente venti anni dopo dall’archeologo Amedeo Maiuri.
Fu costruita a partire dal II secolo a.C. ed ampliata alla fine dell’età Repubblicana. La sua conformazione architettonica si predispone in una zona cosiddetta “rustica”, legata alla coltivazione agricola e alla produzione vinaria ed olearia; l’altro settore, quello residenziale, è occupato da ambienti sontuosi riccamente affrescati e decorati, segno distintivo dell’opulenza della famiglia proprietaria di questa enorme villa. Non conosciamo i nomi dei proprietari; alcune ipotesi hanno collegato la residenza ad una delle tante proprietà degli Istacidii, famiglie tra le più influenti della Pompei di età augustea .
La grande sala del triclinio occupa il ciclo di affreschi meglio conservato di tutta la pittura romana antica. Lungo tutte le pareti sono mostrate alcune immagini di iniziazione al culto dionisiaco, i famosi “misteri”, che vanno letti da sinistra verso destra . I misteri erano legati certamente al matrimonio o ai rituali che la giovane sposa doveva seguire prima di sposarsi. Un raffinato ritratto di una giovane donna, nell’atto di spazzolarsi i capelli, potrebbe confermare appieno questa interpretazione.
L’Anfiteatro di Pompei
L’antico anfiteatro di Pompei venne costruito nel I secolo a. C. , poco dopo la deduzione della colonia romana da parte di Silla. Si tratta dell’edificio adibito agli spettacoli dei gladiatori più antico al mondo. Grazie ai finanziamenti dei magistrati Quinzio Valgo e Marco Porcio, nel giro di pochi anni venne eretta questa enorme struttura, che riusciva ad accogliere un pubblico superiore alle 10000 persone.
Molti erano gli spettacoli che si tenevano all’interno, principalmente i munera, ovvero i combattimenti tra i gladiatori o le venationes, che coinvolgevano anche la presenza di animali feroci e complesse scenografie .
L’edificio, privo di sotterranei, segue a grandi linee il medesimo impianto dei tipici anfiteatri romani : una struttura ellittica con una grande cavea suddivisa in tre settori : ima, media e summa cavea, dove si disponeva il pubblico sulla base delle distinte caste sociali di appartenenza. Le due grandi porte , la triumphalis e la libitina, costituivano i due accessi all’arena ,
contornata da una galleria laterale (lo spoliarium), che fungeva da ricovero per i combattenti feriti, che venivano letteralmente “spogliati” dalle loro armature e curati dalle ferite più gravi.
Al vertice della cavea si disponeva un grande velarium, una copertura in lino che permetteva di donare ombra e riparo al pubblico, soprattutto durante i mesi più caldi.
Questo grande Anfiteatro è celebre anche per il memorabile concerto dei Pink Floyd del 1971, che fu scelto come location ideale per sfruttare l’ottima acustica naturale della struttura.
Via dell’abbondanza
Passeggiare lungo questa strada permette di rivivere le stesse sensazioni che provavano gli antichi abitanti di Pompei nel percorrerla. È molto semplice immaginare come si svolgesse la vita a quel tempo, tra domus, fontane, strade e botteghe.
Scavata nella prima metà del novecento, costituisce il decumano máximo di Pompei, ovvero la strada principale che collegava la zona orientale con quella occidentale della città, partendo dalla porta di Sarno fino a raggiungere il foro . La strada conserva parzialmente ancora la sua pavimentazione originale ed è affiancata da una serie di arterie secondarie (i cardi) che permettevano di congiungere i decumani paralleli della città. Fu denominata “via dell’abbondanza” per la presenza di una sontuosa Fontana con la rappresentazione della Concordia Augusta, erroneamente interpretata come la dea dell’abbondanza.
Casa del Menandro
La casa del Menandro è una delle più grandi di Pompei. È una tipica domus di grandi dimensioni, il suo interno si suddivide nei due ambienti tipici delle abitazioni romane : l’atrium ed il peristilio. Nell’atrio , riccamente affrescato, si affacciano gli antichi cubícula (le stanze da letto) ed un bel larario, piccolo tempietto dedicato ai lari, protettori della famiglia e dell’ambiente domestico. Al centro domina la scena un grande impluvium , una vasca centrale in marmo adibita alla raccolta dell’acqua piovana. Il peristilio, un bel giardino porticato, caratterizzava la parte più intima e riservata della casa, destinata ai familiari o agli ospiti più illustri. Il grande triclinium (la sala dove si cenava) è una delle stanze più grandi della casa , dove si disponevano i famosi letti triclinari per gli ospiti di gran prestigio.
Ai lati del bel giardino della casa vi è un ritratto del commediografo Menandro, che ha dato il nome all’omonima casa. Poco più avanti si accede al quartiere servile, dove sono ancora conservate numerose anfore vinarie e le celle adibite allo stoccaggio e alla conservazione degli alimenti.
La casa del Menandro è anche conosciuta come “casa dell’argenteria”, poiché al suo interno furono rinvenute varie centinaia di stoviglie e pezzi di argenteria utilizzati durante i banchetti e le cerimonie più importanti del focolaio doméstico. Oggi sono esposte in un’apposita sezione al Museo Archeologico nazionale di Napoli.
Le terme suburbane
Sappiamo bene che per gli antichi romani era consuetudine quotidiana recarsi presso le terme, non soltanto per ricevere i trattamenti e godere dei benefici legati alle proprietà delle acque termali, ma anche per incontrare clienti, amici e concludere affari. Queste strutture, infatti, erano dei veri e propri luoghi di aggregazione sociale, al punto tale che nella sola città di Pompei si annoverano vari edifici termali pubblici all’interno delle mura e un enorme complesso, quello suburbano, localizzato nei pressi della porta marina.
Le terme suburbane di Pompei conservano ancora oggi la loro suddivisione nei tipici ambienti ordinari: frigidarium, tepidarium e calidarium, anticipati da un grande spogliatoio, l’apoditerium, dove i clienti potevano depositare abiti ed effetti personali.
Le terme sono ben conservate; al loro interno si possono ammirare gli splendidi affreschi, gli stucchi e i marmi che arricchivano tutte le sale. Nella sala più calda é ancora visibile il sistema di riscaldamento ad ipocausto , consistente nel far circolare sotto il pavimento e nelle pareti aria calda proveniente da una fornace. Un sistema piuttosto ingegnoso che conferma , ancora una volta, quanto siano state avanzate le tecniche ingegneristiche utilizzate nell’antica Roma.
I teatri di Pompei
Localizzati nel cosiddetto “quartiere dei teatri di Pompei”, rappresentavano i luoghi di svago e di intrattenimento per i suoi cittadini. Il teatro grande (che poteva ospitare all’incirca 5000 persone) è progettato sui modelli dei grandi teatri greci di epoca classica. Suddiviso in vari settori, è utilizzato ancora oggi per numerosi eventi, rappresentazioni e concerti, soprattutto nei mesi estivi, quando il bel tempo permette di godere della suggestiva location all’aperto e di fruire dell’ottima acustica naturale. Essa è generata dalla posizione della cavea, che segue il declivio naturale della collina e permette di udire chiaramente tutto ciò che si svolge sulla scena anche dai sedili posti nel settore più alto.
Nel teatro grande venivano messe in scena numerose tragedie , commedie, mimi e fabule atellane , farse popolari e grottesche nate in Campania a partire dal I secolo a.C.
A pochi metri di distanza ci si imbatte nel teatro piccolo , l’Odeion. Di dimensioni notevolmente più ridotte, veniva utilizzato per gli spettacoli musicali, i concerti e le esibizioni canore. A differenza del primo, l’Odeion era ricoperto da un grande tetto di legno, volto al miglioramento funzionale dell’acustica. L’orchestra dell’edificio presenta dei ricchissimi marmi policromi di provenienza africana ed imponenti telamoni in pietra posti alla base della cavea.
L’antiquarium di Pompei
Questo piccolo ma interessantissimo museo archeologico fu inaugurato nel 1873 dal direttore degli scavi Giuseppe Fiorelli e venne completamente distrutto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, per poi essere restaurato nel 1948. Dopo un lunghissimo periodo di chiusura finalmente Il 25 gennaio 2021 l’Antiquarium ha riaperto i suoi battenti. Il museo è stato inaugurato con un nuovo allestimento che accoglie alcuni reperti provenienti dai recenti scavi archeologici della regio V, una sezione di Pompei ancora in parte sepolta dall’eruzione del 79 d.C.
L’esposizione segue la linea critica dell’originale progetto del Fiorelli; essa è suddivisa in ordine cronologico iniziando dalla prima fase sannitica e proseguendo nel percorso sino al momento della catastrofe, raccontata attraverso una serie di oggetti di uso quotidiano fermati dal tempo e dagli eventi che li ha lasciati in un ottimo stato di conservazione. Tra i reperti esposti nelle varie sale del museo spiccano gli amuleti ritrovati in una cassettina della Casa con Giardino, una serie di oggetti di uso quotidiano e i recenti calchi delle vittime provenienti dalla villa suburbana di Civita Giuliana.
Il termopolio della Regio V
Tra il vicolo delle nozze d’argento e il vicolo dei balconi ci si imbatte in una bella tavola calda dell’epoca, un vero e proprio “fast food” di duemila anni fa.
In questa locanda, che prende il nome di termopolio, si servivano bevande e cibi caldi, conservati all’interno di grandi anfore incassate nel bancone, i cosiddetti “dolía”. Molti pompeiani si recavano presso queste botteghe per consumare il loro pranzo, che generalmente si svolgeva fuori casa e consisteva in un pasto rapido e frugale. I cibi ordinati potevano essere riscaldati e consumati da asporto, proprio come un moderno “take away” dei nostri tempi. Il termopolio della regio V è solo uno dei tantissimi disseminati in tutta la città antica. Si trova nella regio V, l’area attualmente interessata ai nuovi scavi finanziati dal Grande Progetto Pompei. Scoperto solo un paio di anni fa, conserva integralmente il bancone in marmo, sulle cui facciate si presentano una serie di affreschi in perfetto stato. Simpatiche sono le varie immagini che mostrano un cane, una nereide su ippocampo, alcune nature morte e della selvaggina, che certamente era anche venduta all’interno del ristorante; una sorta di “menù” per i clienti del locale.
Attualmente il termopolio è visitabile ogni pomeriggio, senza prenotazione, a partire dalle 14.
L’affresco di Leda ed il cigno
Questo meraviglioso affresco adornava il cubículum (la stanza da letto) di una ricca domus, scavata in piccola parte solo da pochissimi anni. L’affresco venne alla luce in maniera del tutto fortuita, durante alcuni interventi di messa in sicurezza e consolidamento sulla via del Vesuvio.
La raffinatissima immagine mostra la storia di Leda ed il Cigno, iconografia molto frequente in tutta l’età classica ripresa dalle celebri Metamorfosi di Ovidio. Leda, bellissima regina di Sparta, fu fecondata da Giove che tramutó la sua persona nelle vesti di uno splendido cigno. Da questo bizzarro incontro nasceranno i gemelli Castore e Polluce, i cosiddetti Dioscuri.
Alle spalle dell’ambiente si nota un ulteriore affresco di pregevole qualità artistica, che mostra Narciso nell’atto di ammirarsi davanti un riflesso d’acqua.
Tali pregiatissime pitture denotano sicuramente una raffinatezza di stile ed un’eleganza scelta dai committenti stessi della domus, che sicuramente appartenevano ad una delle caste sociali più alte della società pompeiana.