10 cose da vedere a Salerno

Situata a cavallo di due splendide coste, quelle amalfitana e quella cilentana, la città di Salerno rappresenta un’ottima base per esplorare le bellezze ed i tesori che offre la parte meridionale della Campania. Con l’avvento della bella stagione è frequentata da tanti turisti, in costante aumento grazie anche alla presenza di numerose navi da crociera, che inseriscono lo scalo salernitano come un’alternativa ai più affollati porti di Napoli e Sorrento. In un solo giorno è possibile scegliere un nutrito ventaglio di escursioni, verso Amalfi, Positano, Paestum, Pompei e, naturalmente, nel centro storico di Salerno. La città, nella sua parte più antica, conserva ancora la struttura medioevale delle stradine, dominate dai tanti edifici, palazzi e chiese. Da non perdere la stupenda Cattedrale di San Matteo e la chiesa di San Pietro a Corte, valide testimonianze del passato glorioso che Salerno ebbe durante le dominazioni longobarde e normanne.

Gli itinerari di visita non si fermano solo alla scoperta dei siti di maggior interesse culturale; essi spaziano tra percorsi escursionistici, degustazioni e turismo balneare, legato soprattutto al recente progetto di ripascimento del litorale verso la zona orientale della città.

Nel periodo invernale, a partire dal mese di novembre, Salerno si illumina a festa, grazie all’attesissimo evento delle luci d’artista, che da quasi quindici anni ravviva le principali piazze e le strade con tantissime luminarie colorate, ciascuna rappresentante un tema diverso.

Per scoprire questa città e per rimanere piacevolmente sorpresi non resta quindi che farvi un salto... in qualsiasi stagione dell’anno!

La Cattedrale

Cattedrale di Salerno

La costruzione della Cattedrale è legata a due avvenimenti fondamentali della storia di Salerno: la traslazione delle reliquie di San Matteo e la conquista della città da parte del duca normanno Roberto il Guiscardo, avvenuta nel 1077.

Tali avvenimenti, lontani tra loro nel tempo, segnano due momenti fondamentali nella storia religiosa e civile della città medioevale, contribuendo alla formazione di un complesso ecclesiastico dall’altissimo valore artistico e culturale.

La Basilica, finanziata dal vittorioso Roberto e promossa dall’influente arcivescovo Alfano, riprende l’antico modello cassinese, dotandosi di un ambiente esterno (un grande atrio) e di un enorme spazio interno, suddiviso dalle tre spaziose ed ampie navate. Nel quadriportico, che conserva quasi integralmente l’assetto romanico originario, si notano numerosi elementi di reimpiego; colonne, sarcofagi e frammenti romani che provengono dal vicino Foro Romano e dalle antiche  Paestum e Pozzuoli. Il campanile, che si impone sul lato destro del portico, è di stile arabo-normanno, formato da sezioni in muratura, mattoni ed una parte terminale decorata da una raffinatissima fascia stellare ed archi intrecciati.

L’interno della Chiesa, prevalentemente di stile barocco, fu rimaneggiato a seguito di una terribile scossa di terremoto del 1688. Il contrasto rispetto al piazzale esterno è dato prevalentemente dall’ampia copertura di stucco bianco, che riveste le antiche decorazioni romaniche di cui rimangono solo pochi frammenti. Al centro della navata si ergono due monumentali pulpiti bizantini, finanziati e donati dall’arcivescovo Ajello e da Romualdo Guarna nel XII secolo.

Nella zona del transetto vi è la famosa cappella dei crociati, rivestita da un elegante pavimento in marmo in stile cosmatesco. Essa ospita il sepolcro del papa Gregorio VII, il papa resosi celebre durante la lotta per le investiture, scontrandosi più volte contro l’imperatore Enrico IV. Nel 1085, poco tempo dopo l’inaugurazione della Cattedrale, morì proprio in esilio a Salerno, ospitato ed accolto dal principe normanno Roberto il Guiscardo.

Scendendo giù in cripta non si può certo restare indifferenti allo splendore della sua superba decorazione. Rinnovata completamente agli inizi del ‘600, è rivestita da marmi policromi e da un soffitto affrescato, opera dell’architetto Domenico Fontana e del pittore Belisario Corenzio, che qui ha dipinto scene del nuovo testamento e storie dei protomari salernitani.
Al centro della cripta domina l’altare bifronte, con due statue gemelle di San Matteo, del peso di oltre 800 kg, frutto della maestria dello scultore Michelangelo Naccherino, particolarmente attivo nel Regno di Napoli e di Sicilia. In una botola sotterranea di uno dei due altari sono conservate le importantissime reliquie di San Matteo, traslate a Salerno dal longobardo Gisulfo I nel 954. Ancora oggi sono oggetto di una profonda devozione da parte dei salernitani, che ne celebrano la loro memoria il giorno 21 Settembre, festa patronale della città.

La Cappella Palatina di San Pietro a Corte

La Cappella Palatina di San Pietro a Corte

Il complesso di San Pietro a Corte è situato nel cuore del centro storico della città, precisamente nel caratteristico quartiere dei “Barbuti”. La zona riveste massima importanza poiché è qui che sorgeva l'antica struttura palaziale di epoca longobarda, voluta dal principe Arechi II. Lo attesta anche l'imponente titulus dedicatorio in marmo, realizzato con lettere in bronzo ricoperte di oro, che originariamente rivestiva tutta la parete interna della chiesa. In tale ottica il complesso si proponeva come segno imprescindibile del potere e della magnificenza esercitata da Arechi e dalla rinascita che la città riuscì ad ottenere in quel periodo, al punto tale da essere conosciuta con l’appellativo di “opulenta”.  Il palazzo, organizzato su due livelli ed orientato verso il mare, costituiva il centro del potere longobardo in città. Annessa all’imponente residenza (oggi andata perduta) rimane ancora la cappella palatina privata dedicata, appunto, ai Santi Pietro e Paolo. L’edificio fu fondato sui resti di quelle che erano le antiche terme pubbliche romane, (I-II sec. d. C.). A seguito della caduta dell’Impero romano, durante il periodo tardo-antico, la struttura termale venne riutilizzata come cemeterium, ossia come area cimiteriale e luogo di sepoltura dei nobili e dei personaggi più in vista della città. Lo testimoniano alcune tombe paleocristiane che si possono ancora oggi notare in una sezione dell’ipogeo. Su alcune delle epigrafi risalta il nome di un tale Socrates, vissuto sino a 48 anni e personaggio molto influente nella società di quel tempo, poiché accanto al suo nome è riportata la scritta “vir spectabilis”. L’analisi dei nomi che compaiono sui vari sepolcri indicano precisamente la multietnicità della popolazione a quel tempo, poiché la maggior parte delle sepolture riporta nominativi di origine gota, bizantina e romana.

Con l’arrivo della presenza longobarda a Salerno, la struttura fu riutilizzata come chiesa, adoperando le strutture romane come fondamenta per l’edificio soprastante. Le mura vennero, così, rafforzate, costruendo due grandi pilastri centrali in grado di sorreggere il pavimento della sala superiore.

Il vecchio cimitero divenne un oratorio e, a partire dal XII secolo, un luogo adibito alle riunioni del parlamento cittadino o una delle sedi della celebre Scuola Medica Salernitana. Quest’ipotesi è confermata dalla presenza di un affresco bizantino che mostra la figura di Santa Caterina di Alessandria, protettrice dei medici. Sulla parete divisoria vi è un altro affresco, risalente al XIII secolo, con una teoria di santi. E’ possibile riconoscere San Nicola, San Pietro, San Giacomo e una bella Vergine con il bambino. Sulla parete destra sono ancora tracciati i resti di una testa di cavaliere, interpretato come San Giorgio nell’atto di uccidere il drago al cospetto di San Nicola.

La presenza di tutti questi elementi così disparati, risalenti a varie epoche diverse, attesta una volontà sempre viva da parte dei regnanti, delle istituzioni e del clero di rinnovare, modificare ed adattare i contesti originari secondo le esigenze pratiche del tempo, seppur conservando tracciati che le moderne ricerche archeologiche hanno permesso di evidenziare e riportare alla luce.

Castello Arechi

Castello Arechi

Il Castello medioevale di Arechi domina la città di Salerno ed il suo golfo dal punto più alto della città, una collina a 300 metri dal mare che prende il nome di Bonadies.

Le prime notizie certe sulla sua fondazione risalgono al VI secolo, durante le battaglie tra goti e bizantini sul controllo della penisola. Il territorio di Salerno era presieduto dalle milizie bizantine, che giudicarono necessaria la costruzione di mura e fortificazioni a ridosso della costa tirrenica.

È nel periodo longobardo, però, che il castello raggiunse la sua piena attività, in particolare sotto il regno del principe Arechi II, quando egli trasferì la sua corte nella città, costruendo un sontuoso palazzo a ridosso del mare e ristrutturando la fortezza preesistente. Salerno, infatti, costituiva l’unico sbocco sul mare del principato di Benevento, originariamente capitale della “Langobardia minor”. La città, attraverso la sua ubicazione strategica, costituiva una solida opportunità per gestire i territori circostanti, sviluppare il commercio marittimo ed intensificare i contatti con gli altri porti del Mediterraneo.

In tale ottica, fu molto utile dotarsi di una struttura difensiva in grado di difendere il territorio da probabili attacchi esterni, in particolare quelli saraceni, che da molti anni vessavano la costa con le loro incursioni e scorribande. Fu per questo che, dalla base del castello, partivano delle solide mura che giungevano sino al porto, proteggendo l’abitato intorno a tutto il suo perimetro. Del tracciato murario preesistente oggi rimangono solo alcuni frammenti, visibili proprio nei pressi dell’antico fossato. Il castello Arechi era talmente solido e resistente da essere praticamente considerato come inespugnabile. Persino gli invasori normanni, prima di conquistare la città, dovettero persistere per circa otto mesi, fin quando Gisulfo II, ultimo principe longobardo, dovette arrendersi ed aprire le porte del castello per mancanza di viveri. Fu allora che il principato cadde sotto le mani dei Normanni che, durante il loro regno, apportarono numerose modifiche al castello, proprio come fecero i dominatori successivi, gli Svevi, gli Angioini e gli Aragonesi. Nel corso del tempo la fortificazione perse la sua funzione prettamente militare, per essere trasformata in una sontuosa residenza, con tanto di balneum, saloni ed ambienti sontuosi. Persino i ritrovamenti fittili e le preziose ceramiche invetriate denotano un diverso impiego della struttura, a differenza dei secoli precedenti, che attestano una frequentazione del sito a scopo meramente militare. Lo confermano i vari ritrovamenti di stoviglie, lance, armature ed oggetti in ferro visibili ancora oggi nel piccolo museo ospitato da una delle sale del complesso.

La visita al Castello di Arechi è un’ottima opportunità per conoscere a fondo la storia della città di Salerno ma, soprattutto, permette di conciliare la storia e la bellezza paesaggistica che si ammira da una delle tante terrazze del complesso. Non a caso, viene spesso scelto come location per celebrare matrimoni, eventi e spettacoli dal punto più panoramico della città. Il suo belvedere spazia dai monti Picentini sino al meraviglioso golfo dominato dagli imponenti Monti Lattari, che circondano l’incantevole penisola amalfitana.

Il Giardino della Minerva

Il Giardino della Minerva

Nel cuore del centro storico antico, in quello che anticamente era conosciuto come il “plaium montis”, ci si imbatte in un incantevole giardino terrazzato, conosciuto come “Giardino della Minerva”.  Appartenuto alla nobile famiglia Silvatico, fu trasformato agli inizi del ‘300 in un viridario, il primo giardino botanico d’ Europa. L’intento era quello di divulgare la conoscenza dei “semplici”, le erbe mediche da cui si ricavavano i principi utilizzati in ambito terapeutico, secondo i precetti impartiti dalla celebre Scuola medica salernitana. Promotore del progetto fu Matteo Silvatico, medico e scienziato, autore dell’Opus pandectarum medicinae. Si trattava di una enciclopedia dei semplici dove erano riportate anche le indicazioni sui metodi di somministrazione volti a prevenire ed alleviare i sintomi legati alle patologie. Il giardino attuale, localizzato ad alcuni metri al di sopra dell’antico complesso, è suddiviso in vari terrazzamenti, seguendo il tipico concetto di giardino mediterraneo. La sua caratteristica principale è legata indubbiamente alla canalizzazione delle acque, tecnica fondamentale per consentire la giusta irrigazione alle varie specie disposte lungo i diversi livelli. Attraverso un sistema di canaline, peschiere, vasche e fontane, le piante godono della periodica e giusta somministrazione di acqua che, come tutti sappiamo, risulta fondamentale per la loro sopravvivenza. Il territorio di Salerno, così come quello della Costiera Amalfitana, è già caratterizzato da un apparato naturale che consente una disponibilità costante di approvvigionamento idrico. La particolare orografia della zona, infatti, ha permesso sin dall’alba dei tempi di usufruire di numerosi sorgenti e fonti d’acqua, che favorirono la concentrazione di numerosi orti e spazi verdi, incluso questo famosissimo giardino medioevale. La visita a questo complesso consente di conoscere i precetti impartiti dalla scuola di medicina, legati alle teorie terapeutiche concepite già all’epoca di Pitagora di Samo (VI secolo a.C.). La dottrina principale su cui ci si basava anche a Salerno era quella legata ai “quattro umori”, fluidi naturali del corpo umano che dovevano risultare completamente in equilibrio per garantire la salute psico-fisica dell’essere umano. È un concetto molto profondo che risulta completamente in linea con l’armonia universale che regge e domina la materia. Sono giusto le piante, con la loro composizione e le loro caratteristiche, a donare il corretto bilanciamento al corpo afflitto dalla malattia. È così che, attraverso il percorso espositivo, ci si addentra in un mondo vegetale dove ogni vegetale assume una caratteristica ben precisa, delineata già secoli fa nelle già citate “Pandette”. Al termine del percorso un incantevole terrazzo panoramico ospita una bella tisaneria, per una piacevole sosta rinfrancante con un infuso a “km zero” realizzato con le erbe del giardino.

Museo Archeologico Provinciale

Museo Archeologico Provinciale Salerno Apollo

Il museo archeologico di Salerno conserva importanti reperti archeologici che narranno la storia della città a partire dai primi insediamenti paleolitici, fino alla tarda età imperiale romana. Fu istituito nel 1927 e dagli anni Sessanta è situato in una parte dell’antico monastero di San Benedetto, in pieno centro storico. Il museo è composto da varie sezioni, che suddividono il percorso espositivo in ordine cronologico. Al piano terra è esposta la sezione preistorica, che include materiali, corredi ed oggetti di uso quotidiano provenienti da gran parte della provincia di Salerno, in particolar modo nelle grotte di Polla, Palinuro e Pertosa. Anche il periodo eneolitico è testimoniato dalla presenza di numerosi oggetti provenienti da Pontecagnano e Sala Consilina, che si collegano alla cultura prevalentemente villanoviana. Molto interessanti sono i preziosi corredi funerari di epoca etrusco-sannitica, proveniente dalla necropoli di Fratte, un quartiere collinare a nord della città. La sua necopoli è ancora oggi oggetto di studio e si data ad un periodo che spazia tra il VI fino al I secolo a.C.

Salendo al piano superiore ci si imbatte in quello che è il vero e proprio fiore all’occhiello della collezione museale: una meravigliosa testa di Apollo in bronzo, che fu rinvenuta fortuitamente nelle acque del golfo di Salerno nel 1930 da alcuni pescatori. Le notevoli dimensioni (l’altezza è di oltre mezzo metro) inducono a pensare che la statua fosse molto grande, sebbene sia ancora oscura la sua provenienza e la destinazione. Fu attruibuita allo scultore greco Pasiteles, ben conosciuto a quel tempo dai suoi contemporanei. La bellezza di Apollo, espressa nelle forme e nei tratti gentili del suo volto, ha ispirato il famoso poeta Giuseppe Ungaretti, che a quella testa ha dedicato una bella poesia denominata “La pesca miracolosa”, composta dopo un soggiorno a Salerno nel 1932.

Il percorso museale è completato dalle sezioni magnogreca e romana, focalizzate soprattutto sull’analisi degli scambi culturali e commerciali che queste civiltà ebbero con la gran parte del Mediterraneo, a partire dalle prime colonizzazioni greche che vi furono lungo la costa, tra la piana del Sele ed il Cilento. Le collezioni spaziano tra ceramiche, monili, armature e vasi di pregevolissima fattura.

Una sezione a parte è incentrata sulla collezione numismatica e quella lapidaria romana, ospitata nel giardino antistante con iscrizioni, epigrafi ed urne cinerarie risalenti alla prima fondazione della città in epoca repubblicana (197 a.C.).

Il Ponte dei Diavoli

Il Ponte dei Diavoli

Per tutti i salernitani è conosciuto come il “ponte dei Diavoli”, sebbene non si tratti di un vero e proprio ponte, ma di un maestoso acquedotto Medioevale del IX secolo. Intorno alla sua costruzione aleggia una leggenda popolare, incentrata sulla figura di Pietro Barliario, médico e scienziato vissuto al tempo dei longobardi. Pietro aveva concordato un patto con il demonio per realizzare, nel corso di una sola notte, un enorme acquedotto in grado di fornire acqua alla popolazione ed ottenere consensi e fama per tutta la sua vita. Purtroppo, come sempre accade, il diavolo richiese in cambio la morte improvvisa dei suoi due nipoti, Fortunato e Secondino, avvelenati dopo aver ingerito delle sostanze tossiche all ‘interno del laboratorio dello zio.

Fu così che il povero Pietro rimase inginocchiato, per tre giorni e tre notti, al cospetto di un crocifisso ligneo, per chiedere perdono al suo ignobile misfatto.

Al quarto giorno il crocifisso si animó, concedendogli il tanto agognato perdono. Da quel momento in poi, almeno una volta l’anno, tutti i Pellegrini si recarono a Salerno a visitare e rendere omaggio al famoso Cristo, dando l’avvio ad una tradizionale e famosa “fiera del crocifisso”.

Oltrepassando la leggenda alla realtà, sappiamo che l’acquedotto venne costruito per approvvigionare d'acqua il monastero di San Benedetto, uno dei tanti complessi monastici situati nella parte più alta della città. Sfortunatamente una gran parte della struttura è stata demolita per far spazio alle costruzioni più moderne, in vista dello sviluppo urbanistico che ebbe la città nel corso dei secoli, anche al di fuori dell’antica cinta muraria. Una piccola parte, a ridosso della celebre via Arce, mostra il punto di congiungimento tra i due archi, in cui si nota la tipica forma dell’arco ogivale acuto, che percorre i tempi ed anticipa di gran lunga quello che sarà l’elemento tipico dell’architettura gotica.

La Chiesa di San Giorgio

Chiesa di San Giorgio

Questa splendida chiesa si trova a pochi passi dalla Cattedrale, su Via Duomo. Può essere considerata senza dubbio come il massimo esempio di arte barocca a Salerno. La sua origine è da collegarsi con la prima formazione dell’omonimo monastero, oggi occupato dalle caserme dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

 La chiesa Medioevale dell’VIII secolo (la cui traccia originaria permane nei sotterranei dell’edificio) è stata più volte trasformata nel corso dei secoli, fino ad assumerne il suo attuale aspetto a seguito della demolizione della chiesa precedente nel 1674.

Promotori di tale rinnovamento artistico furono Angelo Solimena e il giovane figlio Francesco, che da lì mosse i primi passi verso l’inizio di una fiorente carriera, legata prevalentemente all’ambito napoletano.

L’interno della chiesa, a navata unica, presenta una straordinaria ricchezza di stucchi dorati, marmi policromi ed affreschi che occupano gran parte della volta e delle pareti dell’edificio. Le opere narrano alcune storie incentrate sulle martiri de territorio: Tecla, Archelaa e Susanna, le cui ossa sono visibili nel grande atrio della chiesa. Lungo la volta, in varie sequenze, sono mostrati i miracoli di San Benedetto ed una splendida tela con San Michele Arcangelo.

Dietro l’altare è riposta la tela raffigurante la decapitazione di San Giorgio, scena di martirio del santo a cui è dedicata la chiesa.

Visitare questa chiesa equivale ad immergersi nella profonda realtà barocca ed al rinnovamento artistico che si diffuse a macchia d’olio in tutto il regno di Napoli, grazie a personalità di rilievo quali i Solimena, Giovanni Battista Lama ed altri importanti artisti che hanno trasformato in veri e propri gioielli le chiese del nostro territorio.

Il Museo della Medicina Roberto Papi

Museo della Medicina Roberto Papi Salerno

Questo interessante ed originale museo è dedicato alla storia e alla conoscenza della medicina, attraverso l’esposizione di strumentazioni originarie e la ricostruzione di antichi studi medici suddivisi per varie tipologie. Il museo è dedicato alla memoria del noto collezionista romano Roberto Papi che, nel corso della sua vita, riuscì ad acquisire una serie di oggetti e strumentazioni mediche che partono dal XVII secolo fino alla metà del Novecento. Il gran numero di oggetti accumulati, alcuni dei quali decisamente rari ed unici nel loro genere, ha permesso di creare un vero e proprio percorso espositivo articolato in ben 14 sale, in cui si abbracciano tutte le branche della medicina, con sezioni dedicate all’oculistica, alla chirurgia, ortopedia, odontoiatria, cardiologia ed attrezzi legati alle vaccinazioni e alle anestesie.

Promotori del museo furono il padre ed il fratello di Papi, che dal 2009 decisero di onorarne la memoria, salvaguardando la collezione e permettendone la fruizione attraverso la creazione di un polo museale. La nascita di questo progetto, di notevole interesse scientifico - educativo, si ricollega perfettamente con la vocazione medica che la città di Salerno ha sempre avuto, a partire dalla fondazione della celebre Scuola medica salernitana, prima istituzione universitaria di tutto l’Occidente europeo (IX secolo). A partire da quel momento la città è stata denominata “città di Ippocrate”, per l’approfondimento, lo studio e la conoscenza delle arti mediche, almeno fino al 1811, quando l’istituzione venne soppressa con un decreto murattiano, a seguito della riorganizzazione dell'istruzione pubblica del regno.

Questo museo è una vera e propria “chicca” da non perdere per chiunque voglia approfondire le proprie conoscenze nel mondo della medicina. Non a caso è situato all’interno di Palazzo Galdieri, in via Trotula de Ruggero, una strada dedicata ad una delle più importanti e famose dottoresse della città in epoca medioevale.

Il Museo Diocesano

Il Museo Diocesano

Non tutti sanno che la città di Salerno vanta di un vero e proprio capolavoro di arte applicata, custodito all’interno del museo diocesano: il ciclo degli avori. Le 70 tavolette, raffiguranti scene del vecchio e del nuovo testamento, rappresentano probabilmente, la più vasta e completa raccolta di avori del Medioevo cristiano. Si tratta di un ciclo eburneo di grandissimo pregio, legato all’abilità di intaglio e alla raffinatezza dei volti, delle scene e delle ambientazioni narrate nelle varie sequenze, disposte in ordine cronologico, a partire dalla creazione del Vecchio testamento. Non è possibile attribuire con certezza il loro impiego, sebbene molti studiosi abbiano ipotizzato ad una copertura di una cassa reliquiario, il rivestimento di un’iconostasi o un dossale di altare.

Altro gioiello presente nel museo è il famoso ciclo dell’Exultet. Nella sala adiacente agli avori sono conservati ben undici fogli pergamenacei, tutti dipinti, che compongono l’Exultet, ovvero la preghiera che si recita ancora oggi durante il sabato santo. Le immagini, all’epoca, fungevano da supporto per chi non era in grado di leggere o di comprendere il latino. Svolgendo il rotolo e mostrando le scene ai fedeli, si permetteva in questo modo di comprenderne il significato in maniera semplice ed immediata.

La visita al museo diocesano non termina con questi due capolavori, ma continua, nelle altre sale, con un excursus su tutta l’arte sacra che spazia dal XII sino agli inizi del Novecento. Rimanendo al periodo medioevale, una menzione a parte è destinata al celebre crocifisso ligneo, detto di Pietro Barliario, a cui è legata l’antica leggenda legata alla costruzione del ponte dei diavoli per mano del medico succitato. Questo crocifisso ha ispirato anche la nascita della famosa “fiera del crocifisso”, che ancora oggi viene mantenuta come tradizione viva a Salerno, durante il periodo quaresimale.

Nelle sale seguenti del museo si trovano numerose pale d’altare, oggetti, paramenti sacri e dipinti su tavola, che descrivono ampiamente un panorama completo della cultura artistica campana nel corso dei vari secoli. Tra i vari artisti che hanno realizzato le opere è doveroso menzionare il celebre Andrea Sabatini, pittore rinascimentale ed allievo di Raffaello attivo in Campania fino al 1530. Andrea si distinse in modo particolare nella realizzazione di numerose Vergini con bambino, tracciando un solco profondo nella cultura locale su un nuovo modo di dipingere, seguendo alla perfezione i principi basilari della pittura dei grandi maestri del Rinascimento.

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